I pescatori, i veri “lupi di mare”

Noi crediamo che i pescatori siano i veri “lupi di mare”. Da sempre van per mare e ogni volta che rientrano dopo una battuta di pesca hanno una storia da raccontare. Ecco perché li intervistiamo, ci sediamo accanto a loro e gli chiediamo di raccontarci con le loro parole come sia cambiata la pesca negli ultimi 10-20 anni. Talvolta capire il dialetto locale non è semplice e dobbiamo entrare nell’ottica che non riceveremo mai la risposta secca che vorremmo, ma questo è il loro bello, perché girando intorno alla domanda in realtà vengono fuori tante informazioni e tanti particolari che non ritroviamo nelle nostre domande di partenza.

Anche Hemingway con il racconto “Il Vecchio e il Mare” parla di questo rapporto di odi et amo tra il mare e i pescatori che spesso sono considerati i nemici del mare, in realtà sono coloro che da sempre portano con se un grande bagaglio di esperienza legato al mare.


“Pensava sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano. A volte coloro che l’amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna.”

H. Hemingway


Questa estate durante un progetto di Citizen science e divulgazione scientifica ho navigato lungo la costa italiana, partendo da Rimini fino a Taranto, attraversando Il Golfo fino a Policoro per poi navigare a largo della Sicilia.

In ogni porto in cui ci fermavamo per fare rifornimento e per portare avanti le attività previste, mi svegliavo alle 6 per iniziare la mia avventura in cerca di qualche pescatore. Con me avevo sempre dei questionari cartacei per fare delle piccole interviste.

All’inizio i pescatori più anziani non parlano, a malapena salutano vedendomi arrivare, però in 1 minuto mi facevano uno screening completo. Immagino che si chiedessero chi fossi, perché avessi dei fogli in mano e perché volessi sapere delle loro battute di pesca.

Mi presento sempre come una biologa marina che sta raccogliendo qualche dato sul cambiamento della pesca negli ultimi 10 anni e cerco di avvicinarmi a loro dicendogli che io sono dalla loro parte, che il nostro obiettivo non è denunciarli ma cercare di ricostruire i cambiamenti storici avvenuti nella pesca.

Alla prima domanda sono tutti un po’ vaghi, ma quando mi siedo accanto a loro cercano di rispondere ai miei questionari raccontandomi di quando hanno iniziato a pescare, di quanto fossero grandi i pesci quando erano giovani rispetto ad ora.

I dati a volte non corrispondono, alcuni dicono che è diminuita l’abbondanza di alcune specie, altri che è aumentata, ma tutti sono d’accordo sulle dimensioni del pesce: non esistono più i grandi predatori apicali o come li chiamano i pescatori “ i Big One”.

Un’altra verità di cui già ero a conoscenza ma con cui mi sono scontrata soprattutto questa estate in Puglia e in Basilicata è stata la presenza di specie aliene, soprattutto Callinectes sapidus ( il granchio blu) che stanno invadendo il Mediterraneo creando danni irreversibili alla pesca e all’ambiente.


Durante la nostra navigazione ci siamo fermati per qualche giorno a Policoro. Abbiamo conosciuto un pescatore del luogo che alle 6 di mattina ci ha portati a pescare, alcuni di noi sono saliti sulla sua barchetta, altri sono arrivati direttamente nella zona di pesca con gli stivali alti e la cerata. Il pescatore ci ha fatto tirare su le reti e le trappole che aveva calato la sera prima per dimostrarci la presenza infestante del granchio blu in quella zona.

Neanche una spigola, una orata che i pescatori della sua cooperativa erano soliti pescare, solo granchi blu.

Quel giorno mi sono appassionata più del solito alla storia di questo granchio e ho cercato di ottenere più informazioni possibili su di esso.

Callinectes sapidus, arrivato nel Mediterraneo dall’Atlantico con le acque di zavorra si nutre delle  uova di specie di pesci commercializzati come ad esempio l’orata (Sparus aurata) e la spigola (Dicentrarchus labrax), ma anche di molluschi e crostacei. Infatti, il granchio blu fa parte delle specie Invasive (IAS, Invasive Alien Species ) e si sta espandendo nelle coste del Mediterraneo grazie alla sua capacità di adattamento alle Temperature (che sono aumentate con i Cambiamenti climatici) e al fatto che non presenta predatori.

Da qui nasce l’idea di “Blueat”. Dal non avere predatori se non noi, dal bisogno di raccontare una realtà quotidiana che stanno vivendo i pescatori locali che continuano a catturare numerosi esemplari di questi brachiuri e sono costretti a ributtarli o portarli a casa. Il granchio blu oggi sul mercato ha un prezzo basso rispetto ad altri paesi marittimi all’infuori dell’Italia, motivo per il quale  i pescatori questa estate ci hanno chiesto di aiutarli a risolvere questo problema delle specie aliene. Blueat nasce dalla nostra esperienza, dal racconto di pescatori che non possono più permettersi di cambiare una rete al giorno o di tornare a casa con un prodotto che non è riconosciuto sul mercato. Dall’invasione di questi granchi in zone di acqua bassa costiere e lagunari dove si era soliti pescare altre specie di pesci e dove l’acqua arriva alle ginocchia quindi un turista o un bambino può fare il bagno in estate.

A Policoro, tra i vari racconti di pesca, ci è stato chiesto un aiuto per mitigare gli effetti di questa specie invasiva e siamo arrivati alla conclusione che i pescatori locali stessi ci hanno detto “ Amma met sti granchij sop a tavol”. Così nata la nostra idea: “ proponiamo delle ricette con il sugo al granchio blu”. Ovviamente questo non sarebbe possibile se il granchio non avesse questo sapore cosi prelibato e dolce che lo rende un prodotto facilmente vendibile anche nel mondo della ristorazione. D’altro canto estrarre la polpa di questo crostaceo richiede più tempo rispetto al granchio comune, ma ha dimensioni e peso molto maggiori.



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Blueat apre nuovi scenari sulla gestione ed utilizzo delle Specie Aliene

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